mercoledì 26 maggio 2010
Minzolini si supera: censurato pure Cannavaro
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martedì 18 maggio 2010
Santoro lascia la Rai: accordo consensuale
Nella nota dell'ufficio stampa di viale Mazzini, diramata al termine del Consiglio d'amministrazione, si aggiunge che: “l'accordo consensuale, che deve essere implementato attraverso contratti applicativi che saranno messi a punto nei prossimi giorni, prevede la realizzazione di nuovi progetti editoriali che verranno realizzati da Michele Santoro nei prossimi due anni. Rai continuerà quindi ad avvalersi della collaborazione di Michele Santoro che - conclude la nota - in questo modo, avrà la possibilità di sperimentare nuovi generi televisivi attraverso un ulteriore sviluppo del proprio percorso professionale”.
Un comunicato che dice tutto e dice niente. Ma che accende persino troppi rimandi. Il clima intorno a Santoro è incandescente da anni. La cacciata. I processi. Il ritorno ordinato dal giudice. E poi le censure. Le polemiche sempre. L'allontanamento di Vauro nei giorni del terremoto. Il contratto a Marco Travaglio che non passava la firma. Gli scontri con il dg Mauro Masi. Lo stop elettorale.
Ed è nei giorni del bavaglio elettorale, come talvolta accade nei momenti di massima crisi, che la pressione censoria è esplosa in una notte di inattesa libertà (televisiva): Raiperunanotte, il programma di Santoro realizzato al paldozza di Bologna e trasmesso dalle tv locali, dal satellite, soprattutto da una rete di grandi, piccoli, piccolissimi, improvvisati siti web ne hanno fatto un evento. E forse qualcosa di più: hanno aperto una finestra alternativa alla tv. L'hanno spalancata.
Difficilissimo calcolare gli ascolti, ma non impossibile: ed è così che è stato calcolato uno share del 13%. Clamoroso.
Un'esperienza che non può essere abbandonata a se stessa.
Il freddo comunicato aziendale lascia spazio solo a congetture. Anche Bruno Vespa, per capirci, ha un rapporto di questo tipo... Ma è troppo sperare che l'intento di Santoro e della sua squadra sia di rilanciare quella rete che, dal satellite al web, ha riaperto i giochi sul futuro della tv?
A sentire i boatos di queste settimane, del resto, Santoro è già a caccia di una redazione: si è parlato persino di quella dismessa di Red, piano terra di Palazzo Grazioli, dalle cui finestre si vede l'accesso secondario alla residenza del premier...
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Oscurata Rainews24: il bavaglio continua
Che sia solo una “frittata annunciata” per la partenza della digitalizzazione della Lombardia, ci credono in pochi: neppure sul satellite si trova più, sul solito canale 506 del bouquet di Sky c'è il promo di Raisport2! Qualcuno armato di santa pazienza ha ripescato Rainews24 sul decoder digitale al canale 998, proprio in fondo: come i ragazzetti molesti che in classe vengono messi in ultima fila. E per giunta non sembrava più lei, con la patacca del nuovo logo al posto dei flash.
Dopo le mille disavventure della partenza del digitale nel Lazio, nei giorni scorsi si scommetteva su nuovi malumori tra il pubblico, perché già si immaginava che il via a una nuova regione avrebbe scombussolato di nuovo il telecomando: frequenze spostate, con tutto quel che ne consegue. Soprattutto per le persone anziane, che non sanno perder le ore a risintonizzare i canali e devono – per l'ennesima volta – chiamare e pagare un tecnico.
Ma perché Rainews24 (che perde pure il “24” del titolo, per “omologarsi” agli altri canali! Ma quando mai...), la tv che ha mandato in onda “Raiperunanotte” di Santoro, la tv del “Caffè” di Mineo già scalzato dalla trasmissione in chiaro del primo mattino di Raitre, la tv che con un budget largamente insufficiente salva la faccia alla Rai garantendo un'informazione completa, viene scaraventata in fondo al telecomando?
Il direttore Corradino Mineo si scusa con i telespettatori e sul sito di Rainews24 (dove si dà conto delle centinaia di mail di protesta per l'oscuramento), scrive una nota che definire critica è un eufemismo: “Faremo di tutto per comprendere le ragioni di questo oscuramento e porvi rimedio – scrive il direttore -. Rainews informa, inoltre, che da oggi il Canale non si chiama più Rainews24 ma solo Rainews e che, per omologare l'intera offerta aziendale, la Direzione Generale ha deciso di spostare il logo in alto a destra dello schermo. Il logo, purtroppo, risulta poco leggibile, mentre la nuova grafica impedisce, per il momento, di mandare in onda i flash, strumento indispensabile per una all news. Anche di questo ci scusiamo con gli utenti".
À la guerre comme à la guerre.
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lunedì 17 maggio 2010
W Garibaldi
sabato 15 maggio 2010
Le mani sulla free press: Dnews licenzia i fratelli Cipriani
“Giusta causa”, secondo l'editore Mario Farina. Accusati, secondo i rumors, di non aver più firmato editoriali da troppo tempo... Sospettati, secondo altri, di aver troppe poche cautele nei confronti del potere costituito, Alemanno, Polverini, Moratti, Formigoni e, soprattutto, Berlusconi... L'ultimo numero con la loro firma, distribuito venerdì 14 maggio, titola in prima pagina nell'edizione di Roma: “La sanità ci costerà nuove tasse”. E, nell'edizione di Milano: “Prove di rivolta al Triboniano”. Come dire: una redazione a caccia di notizie e con in più un gruppo di editorialisti che non vuole mordacchie, da Ennio Remondino a Mario Morcellini, da Ritanna Armeni a Massimo Bordin. Mix evidentemente indigesto per chi più che alla libertà di stampa punta al marketing.
I Cipriani sono recidivi. Nel 2004 avevano inventato E-Polis, e tre anni dopo se ne erano andati con l'arrivo di Marcello Dell'Utri nella compagine societaria (e con loro lasciarono il giornale quaranta editorialisti). Nel 2008 hanno fondato Dnews, mezzo milione di copie. Gli unici due esempi italiani di quella che si chiama “free press di terza generazione”: distribuita gratuitamente e pagata dalla pubblicità, ma anziché puntare su notizie sincopate, per un pubblico che per leggere ha il tempo di poche fermate di metropolitana, si presenta come un giornale tradizionale, per una lettura più approfondita, riflessiva.
E' andata a finire che il pubblico ormai riconosceva E-polis del nuovo corso come giornale filo-governativo e Dnews decisamente libero e democratico. Adesso, probabilmente, si assomiglieranno di più: l'editore avrebbe già annunciato per la Dnews post-Cipriani una direzione moderata...
Perché il bavaglio non è solo alle tv.
P.S. Sono una dei 40 editorialisti che hanno lasciato E-polis insieme ai Cipriani. A DNews siamo assai meno, da quando l'editore ha imposto un drastico taglio di foliazione (e sacrifici alla redazione): e adesso ci risiamo... Solidarietà ad Antonio e Gianni, e a tutti i colleghi di DNews.
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martedì 11 maggio 2010
La scommessa
Ora che siamo a una stretta, che le preoccupazioni per la tenuta dell’Europa dell’Euro coinvolgono anche mr.Obama, che da questa crisi non guadagna né la Cina né gli Usa, i “misteri” della finanza improvvisamente si svelano e anche gli specialisti abbandonano il linguaggio da iniziati (da club riservato, da setta): nella tempesta economica che sconvolge il mondo, spiegano, qualcuno ci guadagna. Gli “speculatori”: ovvero, più semplicemente, chi ci “scommette” sopra.
Una scommessa. Come indovinare il risultato di una partita al Totocalcio.
Persino il Sole24ore, che non manca mai sul tavolo dei manager, dichiara: “Esattamente come nella sala scommesse: si punta sulla vittoria o sulla sconfitta di una squadra” (articolo di Stefano Elli, edizione di domenica 9 maggio). A scommettere sul “rialzo” o sul “ribasso” delle valute sono gli investitori: unica regola, guadagnare. A costo di mandare a gambe all’aria l’economia di un Paese, di un Continente.
Ci voleva una nuova tempesta economica perché i “misteri della finanza” si rivelassero per quel che sono, una smisurata, globalizzata, sala scommesse, che inghiotte denaro a scapito della cosiddetta “economia reale”. Le aziende investono in “finanza” anziché reinvestire in fabbrica. Gli scommettitori si ritrovano a Wall Street anziché nei bar di periferia, ma il gioco è sempre quello: solo che anziché gli spiccioli volano i capitali.
Ostaggi delle scommesse. E’ nata una economia parallela, fatta di esperti di ogni ordine e grado che si specializzano in questo o quel tipo di investimento, area Euro, Pacifico, Nord Atlantico, Asiatica… Posti di lavoro. E’ stato il cinema, per primo, a metterli nel mirino, yuppies degli anni Ottanta, giovani con la carriera in Borsa. Non è bastato il tornado dei mutui americani, la grande crisi che ha fatto tremare da Tokyio e Wall Street: la speculazione non ha un codice etico, in meno di due anni è tornata padrona.
Ora, che alle cose si torna a dare un nome, che i debiti sono debiti e le scommesse sono scommesse, i Governi si interrogano se non sia troppo tardi per riprendere in mano le redini dell’Economia. E’ per questo che gli aiuti alla Grecia, in questo momento, sono non soltanto una necessità per l’Europa, ma anche un banco di prova. Un braccio di ferro con la speculazione.
(da www.radioarticolo1.it)
domenica 9 maggio 2010
Lo sbarco dei nuovi garibaldini per salvare l'Italia
(da www.globalist.it)
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sabato 8 maggio 2010
Cancellato il "caffè" di Mineo: se non è l'ennesima epurazione...
(da www.globalist.it)
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martedì 4 maggio 2010
La canzone dell'acqua
è una cosa eterna.
È la linfa profonda
che fa maturare i campi.
È sangue di poeti
che lasciano smarrire
le loro anime nei sentieri
della natura”.
(Federico Garcia Lorca)
Avrebbe mai potuto Garcia Lorca dedicare questa sua poesia, per dire, ad “Acqualatina”, società privata partecipata dalla multinazionale francese Veolia, la stessa che forniva il servizio a Parigi? L’acqua: bene comune. E dall’Agro pontino alla metropoli francese, notizie di questi giorni, il modello di gestione di Veolia non solo è stato bocciato dai cittadini, ma l’acqua è tornata pubblica. Così come in Sicilia… E la gente sta in coda ai banchetti a firmare per i referendum sull’acqua: in pochi giorni il comitato promotore, a cui aderiscono decine e decine di associazioni (e anche la Cgil condivide la battaglia per l’acqua, perché rimanga un bene pubblico essenziale quale diritto universale, e la Fp-Cgil sostiene l’iniziativa referendaria), dichiara d’aver raccolto già un terzo delle firme necessarie.
Il Governo s’indigna. Il ministro Ronchi ripete che anche lui, nel suo decreto, parla di acqua pubblica: “Piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche”. Ma tra i settemila cittadini di Aprilia che rifiutavano di pagare le bollette a Veolia (insieme a quelli che oggi firmano per il referendum) e il ministro, corre un “sottile” distinguo: la distinzione è tra “acqua bene pubblico”, “acqua bene comune”. E si scopre che tra due frasi che sembrano dir quasi la stessa cosa, in realtà c’è un abisso. L’abisso che corre tra una sorgente che sgorga e una multinazionale che la imbottiglia. L’acqua è sempre “pubblica” (e gratis), l’imbottigliamento e il trasporto, ovviamente, no. Anche se a noi sembra di pagare il contenuto, non il contenitore!
Lo stesso vale per le reti idriche.
E’ vero che in Italia la gestione pubblica dell’acqua… fa acqua da troppe parti. Ma la gestione privata (che fin qui ha prodotto solo un aumento delle tariffe) trasforma addirittura in merce un bene che in molte parti del mondo si rivendica invece come bene comune primario: come l’aria che respiriamo. Come la conoscenza.
“Il tema dell’acqua” ha ricordato in questi giorni Stefano Rodotà, “è sempre stato intrecciato con quello del potere: questo referendum si distingue da tutti quelli che l'hanno preceduto perché riguarda l'assetto e la distribuzione del potere in una materia decisiva per la vita delle persone.”
Ripensare il pubblico, non cercare le scorciatoie del privato: è questo che è scritto, una volta ancora, nella nostra Costituzione. E’ l’articolo 43, quello che dice: “A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”. Certo che poi c’è anche chi la vuole smantellare, la nostra Costituzione…
(da www.radioarticolo1.it)
sabato 1 maggio 2010
La verità rivoluzionaria di Fini sul giornalismo
(da www.globalist.it)
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