lunedì 14 giugno 2010

La solitudine dei troppi

E' il senso di solitudine che attanaglia quando si perde il lavoro. Quando le merci esposte nelle vetrine sembrano beffarde. Quando i centesimi pesano come non mai. Quando tutto intorno sembra che niente sia cambiato e la tv ripete che ce la facciamo, ce la facciamo, ce la facciamo... Ed è la solitudine di tanti. Di troppi.


L'Osservatorio “capitale sociale” di Coop Adriatica (realizzato insieme a Demos) ha da poco diffuso i dati che raccontano il disagio economico: tocca il 42% del campione il numero delle famiglie in cui qualcuno ha perso il lavoro o è in cassa integrazione. Un numero annichilente.
Solo due anni fa questo Paese aveva come problema principale quello della “sicurezza”. Non la mafia, non la camorra: ossessionati dalla micro-criminalità. Gli esperti avevano un bel strillare che le nostre città erano più sicure di tante capitali europee, che si trattava di un sentimento esagerato, acuito dall'insistenza con cui veniva data notizia di ogni villetta svaligiata, di ogni scippo nel parco: la paura si diffondeva come un'epidemia. Un Paese che vedeva nemici ovunque: zingari, extracomunitari e - direbbe De Andrè - “tipi strani”.
Oggi non sappiamo più quanto la micro-criminalità è diffusa, ma non ce ne curiamo: solo il 16% del campione dichiara “insicurezza personale”. Il 58,9% è preoccupato invece dalla “insicurezza economica”. Un'altra storia.


Non c'è bisogno di statistiche per conoscere lo stato d'ansia, gli scaffali dei negozi eternamente pieni di offerte speciali, saracinesche che si abbassano... E non fa neppure sentire meno soli: il “male comune” non si condivide - checché ne dicano i vecchi proverbi. Ma unisce: lo si è visto sabato 12 giugno tra i centomila di Piazza del Popolo, lo si è sentito nelle voci del corteo, nella rabbia contro una manovra ingiusta, che ricade una volta di più sulle famiglie dei lavoratori. Tartassati dalla crisi. Tartassati dal non governo della crisi. E dagli interventi pubblici che, una volta di più, cadono sempre “sulle stesse spalle”. Ma fino a quando?

(da www.radioarticolo1.it)

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