Per la memoria, l’articolo 41 recita:
“L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
Per il ministro, questa, è una gabbia. Tremonti vuole competere con i mercati “flessibili” (come la Corea), rompere le regole. Anche se si chiamano “sicurezza”, “libertà”, “dignità umana”. Vuole misure di liberalizzazione economica, nel momento in cui l’Occidente neo-liberista cerca invece di dare regole al mercato.
Se Tremonti vuole togliere lacci e lacciuoli all’impresa, strangolata dalla burocrazia, difficilmente qualcuno vorrebbe dargli torto: semplicemente, non serve toccare la Costituzione. Perché l’art. 41 dichiara che l’impresa privata è libera, non soffocata dalla carte bollate. Ma la Costituzione aggiunge anche che deve essere “indirizzata” e “coordinata” ai fini sociali: il ministro, invece, ha già dichiarato che regole e verifiche sarebbe opportuno farle ex post. Quando è troppo tardi. E, magari, in vista di una sanatoria.
Il passo successivo, quale dovrebbe essere? Forse l’abolizione delle libertà sindacali, un altro vincolo alla libertà d’impresa?
C’è nel Paese un movimento di persone che hanno deciso di “adottare” gli articoli della Costituzione, per difenderli, preservarli, renderli vivi: chi sceglie il 21, la libertà di stampa, chi il 37, la parità uomo/donna sul lavoro, chi l’11, l’Italia ripudia la guerra… Articoli a rischio. Adottiamo l’articolo 41.
(da www.radioarticolo1.it)
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