mercoledì 28 aprile 2010

... di nuovo in piazza

L’attacco alla libera stampa è una morsa che si stringe sempre più: i giornali vengono colpiti al cuore economico sul fronte finanziario (dopo i tagli alle provvidenze dell’editoria, sono state cancellate le tariffe postali agevolate), ai giornalisti si minaccia la galera. O la si annuncia. C’è anche questo, infatti, nella “legge Alfano”, quella sulle intercettazioni. Una legge che imbavaglia i cronisti. Che impedisce ai cittadini di essere informati. E per questo mercoledì 28 i giornalisti saranno di nuovo in piazza a Roma: appuntamento a piazza Navona alle 11, mentre a Palazzo Madama si discutono gli emendamenti…

Nella situazione di crisi che attanaglia il Paese, nella baraonda in cui è precipitato il Governo, nella totale mancanza di iniziativa legislativa a favore dei lavoratori, nella colpevole mancanza di aiuto alle aziende in crisi, il problema principale per il nostro Parlamento sono, una volta ancora, le intercettazioni. Si sa: l’Italia è un paese terrorizzato dalle intercettazioni. Vogliamo parlare dei segreti industriali che si confidano gli operai cassintegrati? Delle ricette (segrete) che si scambiano le massaie? Degli amori (segreti) sussurrati al microfono dagli adolescenti?

A temere le intercettazioni non sono loro: sono le mafie d’ogni ordine e grado, delinquenti doc e delinquenti che ridono quando un terremoto distrugge l’Italia. Quanto basta perché tutti i richiami alla privacy suonino beffardi. A volerne sapere di più, invece, sono i cittadini che hanno a cuore questo sventurato Paese. E i giornalisti, i tanti, tantissimi giornalisti, che non si lasciano piegare, comprare, barattare. I tanti giornalisti che denunciano l’impossibilità di fare, fino in fondo, il loro mestiere.

Contro la “legge Alfano” il presidente della Fnsi, Roberto Natale, ha già annunciato che il sindacato dei giornalisti italiani è pronto a ricorrere alla Corte Europea.
Contro i “silenzi” e le epurazioni al Tg1 giornaliste come Maria Luisa Busi e Tiziana Ferrario non esitano a denunciare la perdita di credibilità del primo tg italiano, sotto la direzione di Augusto Minzolini.
Contro il premier che accusa Roberto Saviano e la fiction “La Piovra” di ingigantire il fenomeno della mafia, l’ex direttore Rai e presidente di Libera Informazione, Roberto Morrione, non esita a scrivere articoli di dura denuncia (“Il serial killer della memoria e della libera informazione”).
Contro gli hacker che fanno “svanire” dai siti internet gli articoli di Morrione contro la mafia, si muove una catena di blogger che riproducono all’infinito quell’articolo.

La libertà di stampa è sotto assedio, ma c’è. E si difende anche in piazza.

(da www.radioarticolo1.it)

venerdì 23 aprile 2010

Te lo do io Minzolini

Su "Globalist" (www.globalist.it) sia io che Ennio Remondino abbiamo pubblicato articoli sulla situazione del Tg1, ai quali ha replicato Gianni Cipriani ironizzando sul "direttorissimo" Minzolini. Ma stasera, dopo aver visto il Tg1 sulla scontro Berlusconi-Fini, ho chiesto io diritto di controreplica. Ecco la mia "lettera"...

Caro Gianni,
ripenso alle accuse che mi hai mosso perché mi “infervoro” - scrivi - “nel difendere le ragioni della Busi e della Ferrario”, mentre rivedo sul sito internet del Tg1 l'edizione delle 20 del tg di Minzolini nel giorno più lungo, quello che il direttorissimo ha riassunto nel titolo d'apertura “Berlusconi-Fini, è rottura”. Il conta-tempo mi aiuta a seguire, secondo su secondo, il suo dramma. Le prime immagini sono dedicate a un Berlusconi suadente che invita Fini alla tribuna, gli chiede quando vuole intervenire, se ora o poi: assolutamente superflue in un tg dove i secondi valgono oro, fondamentali per distinguere immediatamente buoni e cattivi. Ma Fini spara ad alzo zero, non c'è niente da fare. Va in onda la lite. Praticamente la rissa. Secondo titolo del Tg1: “Vince il premier, solo 11 con Fini”. Ma de che?, dicono a Roma. Ma che titolo è? Sembra un titolo da giornale satirico, del vecchio “Male” (un po' troppo elegante per “Il Vernacoliere”): alla direzione del Pdl è successo l'iradiddio e il secondo titolo è su chi “vince”? Povero direttorissimo, che brutta giornata.

Il sito internet del Tg1 offre, come tutti i siti che si rispettano, anche una rassegna dei video “Scelti per voi”: le notizie di giornata, quelle più importanti o più accattivanti. Lo sfogliamo: tra un “drink e sternuti” (notizie di primavera) e “ceneri e lapilli” (dedicato all'Etna), compare anche “Vince il premier”. La “rottura” Berlusconi-Fini non c'è. Povero Minzolini.

(da www.globalist.it)

Star bene al lavoro

Stress da lavoro correlato. Un po' complicato come nome, ma si capisce benissimo di che si tratta: quando non ce la si fa più, del capo a cui non va bene niente, dei ritmi senza sosta, della concentrazione infinita, della ripetitività, ma anche della carriera che non va avanti, del precariato... Ci si ammala, di stress. Tecnicamente infatti lo stress da lavoro-correlato è una situazione di prolungata tensione che può ridurre l'efficienza sul lavoro e determinare un cattivo stato di salute. Vittime principali, le donne e i precari. E secondo la Fondazione europea per la formazione, ci si ammalano in tanti: il 22% dei lavoratori nell'Unione europea (4milioni e mezzo in Italia) ne soffre, il che significa un costo di 20 miliardi nella Ue per spese sanitarie e lavoro perso, visto che secondo l'indagine della Fondazione la maggior parte di assenze per malattia sarebbe legata proprio ai fattori di disagio psicologico sul lavoro.

La buona notizia è che dal prossimo agosto scatta anche per le aziende italiane l'obbligo di valutare il rischio-stress all'interno delle procedure sulla sicurezza sul lavoro (la normativa fa parte del “Testo unico” firmato nel 2008 da Prodi): ci sono parametri già predisposti a livello europeo, alle quali le aziende si devono attenere. E ci sono multe per chi non rispetta questo obbligo.
Sono passati due anni, solo due anni, da quando sulla Gazzetta Ufficiale è apparso quel testo che dettava le regole per la salute sui luoghi di lavoro, con in calce la lunga lista di firme dei ministri: e sembra un'altra storia...
La litania di licenziamenti, casse integrazioni, vessazioni sui luoghi di lavoro (suicidi, anche) è diventata questa la storia quotidiana di oggi; una situazione su cui il Governo non interviene, che non governa. E pensare che non dovrebbe neppure “far notizia” che un paese normale tuteli il lavoro e la salute dei lavoratori: invece, quando arriva una notizia così, che tira il freno alle aziende obbligandole a considerare anche la salute psicologica dei propri lavoratori, si ha quasi un sussulto. E una perfida domanda: ma quando hanno dato alle fiamme tutte quelle leggi, di questa non se ne erano accorti?

(da www.radioarticolo1.it)


mercoledì 14 aprile 2010

L'isola degli sfruttati

Quanti chili ha perso Sandra Milo? E' questa, ovviamente, la domanda che attanaglia l'Italia. Quel bel viso del tempo che fu ridotto malamente dagli anni e dal sole, senza veli alla telecamera. Cosa non si fa per lei: si affrontano stuoli di zanzare e mari in tempesta, ci si accontenta di pasti scarsi, giacigli di fortuna, tutto per “rubare” un'immagine indiscreta. “Come stare al fronte”, per non perdere un minuto del gioco insensato dell'Isola dei naufraghi più o meno famosi. “In prima linea” sotto il tiro incrociato degli zanzaritos.
Questo linguaggio guerresco è di Giorgio Gori, patron della Magnolia, co-produttrice della Rai
per “L'Isola dei famosi”: si riferisce con questi termini alla “professionalità” che si attende dai telecineoperatori, che in quelle condizioni devono lavorare su turni lunghi per non tradire le aspettative del pubblico che vogliono anche sentire la diva quando russa nel sonno.
Gori ha tirato fuori queste definizioni quando tra i tecnici dell'Isola è iniziata a montare la protesta e, in Italia, i loro colleghi hanno fatto eco con sit-in davanti a viale Mazzini contro le condizioni in cui le troupe sono chiamate a lavorare per mamma Rai.
Le sue parole danno il segno di quanto vale il lavoro, e la professionalità vera, per i padroni della tv: perché i telecineoperatori sono una categoria di precari. Se uno non ci sta, avanti un altro. Un ingaggio di 40 giorni per una produzione Rai è un lusso: 120 euro a giornata per convivere con un gruppo di ex-vip disposti a tutto per una nuova occasione. Un lavoraccio, senza dubbio, vista anche la differenza di fusi orari per le dirette, i capricci dei divi e quelli del tempo: sta qui, anche, la professionalità, nell'inquadratura migliore nonostante tutto. Ma nel tutto-compreso dei tecnici, però, non è previsto di lavorare davvero come in zona di guerra, anche quando il turno finisce...
“L'Isola”, stavolta, ha strappato il velo su un mondo che non è quello dei vip: alla ribalta sono arrivati i lavoratori dietro le quinte, quelli ai quali è vietato persino protestare. E la loro protesta di precari, che rischiano di non vedersi rinnovato l'ingaggio se alzano la testa, per una volta almeno ha “rubato lo schermo” all'idiozia dello show.
(da www.radioarticolo1.it)

giovedì 8 aprile 2010

Andate a lavorare!

Disoccupati? Basta rimboccarsi le maniche: il lavoro c'è. E' questo il messaggio che, dopo essere rimbalzato nei mesi scorsi da “Il Giornale” a “Panorama” (con tanto di pubblicazione di “offresi” posti di lavoro), approda ora niente meno che al Tg1. Con ordine, la cronaca...

Secondo le ultime rilevazioni Istat a febbraio c'erano 2 milioni e 127 mila persone in Italia in cerca di occupazione. Il dato della “inoccupazione” tra i 15 e i 64 anni è sette volte tanto: 14 milioni 933 mila tra giovani, donne e uomini. Una girandola di numeri. Quel che vien fuori è che va sempre peggio: sono calati gli occupati rispetto a gennaio, sono 395mila in meno rispetto a un anno fa, febbraio 2009, quando la crisi già mordeva stretto. Numeri che “non fanno più notizia”.

Bontà sua, il Tg1 qualche sera fa ne ha dato conto. In modo stringato, ovviamente: ha riportato la notizia che la disoccupazione a febbraio è all'8,5%... “Ma....”. E già: scoop! Augusto Minzolini ci ha informati dal primo tg italiano che nel settore dell'artigianato, tra orafi, falegnami e calzolai, ci sono 23mila posti di lavoro vacanti. E non si trova nessuno disposto a fare l'apprendista. Come usa nella neo-televisione, giro di interviste in strada. La prima ad un ragazzone. Lavori in questo momento? Lui ci pensa un po' su, poi “no”, ammette. Perché non vai a fare l'apprendista? “Veramente in questo momento gioco a pallone”. Risposta sibillina che strappa insieme riso e indignazione: ma come? Praticamente il Tg1 ti offre un lavoro su un piatto d'argento... Seconda e terza intervista: un ragazzo e una ragazza più giovani del primo, che sembrano fermati fuori da una scuola. I loro sono due no secchi, lei spiega anche che non ha manualità. E forse in testa hanno il sogno di fare gli ingegneri spaziali...

Non sappiamo dove Minzolini abbia trovato quel dato sul numero di artigiani richiesti dal mercato, ma negli stessi giorni Anna Soru, presidente di Acta, associazione dei lavoratori del terziario avanzato, spiegava invece al Corriere della Sera che nel lavoro indipendente che va in fumo “c’è dentro un po’ di tutto, dai commercianti agli artigiani che chiudono, alle partite Iva”. E Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato in Lombardia, sosteneva che “i piccoli artigiani che non riescono a stare sul mercato sono spinti dalle circostanze a chiudere l’attività per andare avanti in nero. Parliamo di famiglie che in qualche modo devono pur campare”. Insomma. Un quadro fosco.

Il Tg1 enfatizza i 23mila posti di lavoro, mostra immagini di piccole falegnamerie in piena attività, ma non dice che in un anno ci sono 395mila disoccupati in più. Avverte comunque che si tratta di posti per apprendisti: riservati cioè a quei giovani che - come vuole la ministra Gelmini - lasceranno la scuola dell'obbligo un anno prima?

E come sorprendersi allora se la “buona notizia” del Tg1, anziché allietare, indigna?

(da www.radioarticolo1.it)

giovedì 1 aprile 2010

new look

Ciao a tutti. Ho cambiato la foto: questa è quella che ho utilizzato in campagna elettorale, adesso mi sembra che mi rappresenti di più. Me l'ha scattata un'amica in un giorno felice: festeggiavo la mia laurea ("da vecchia") in Scienze delle Comunicazioni. Mi ha accompagnata in giro per Roma nei volantinaggi. Insomma: c'est moi...

I perché delle rappresaglie di Minzolini al Tg1

Maria Luisa Busi ci ha messo la faccia: lei, conduttrice storica del Tg1, che all'Aquila non c'è stata a far da parafulmine a Minzolini e che ora è rimasta a dividersi il video delle 20 con Attilio Romita, si è scrollata di dosso tutte le restrizioni imposte dalla Rai (che dai suoi dipendenti vorrebbe solo silenzio) e in una intervista a Repubblica dichiara che la “cacciata” di Tiziana Ferrario, Paolo Di Giannantonio e Piero Damosso, ma anche quella del caporedattore Massimo De Strobel, è una “rappresaglia”. Senza mezzi termini.Rappresaglia perché si sono rifiutati di firmare quel documento fatto girare al Tg1, in solidarietà con Minzolini (87 firme su 160 redattori) dopo il “caso Mills”, assolto mediaticamente dal principale tg pubblico. Una “lista”, rosa e nera: promossi i firmatari, cacciato chi non c'è. E si comincia dai più noti, per dare l'esempio. Dice Minzolini che vuole “rinfrescare” il volto del tg, che con lui perde ascolti a rotta di collo (è arrivato al 26%). Le bugie hanno le gambe cortissime, e Minzolini non si ricorda neppure che De Strobel non è un “volto”: da 18 anni era l'uomo-macchina che faceva funzionare il Tg1 come un orologio, sotto tutti i direttori.Nei corridoi di Saxa Rubra, in parallelo con le epurazioni, si parla ad alta voce anche delle carriere e delle assunzioni, dell'esercito di precari fidelizzati, tutti riconducibili a quel famoso “documento” fatto girare in redazione da vicedirettori e caporedattori “fedeli”. Sempre quella storia: quando apparendo in tv per l'ennesimo editoriale Minzolini (nervoso come non mai, da far venire mal di testa ai telespettatori col suo ciondolare da un lato all'altro davanti alla telecamera) negava, negava, negava, proclamandosi per due volte “innocente”. Vittima, lui, di processi mediatici. Negava la notizia che è invece stata poi confermata dalla Procura: accusato di rivelazioni del segreto investigativo nell'inchiesta di Trani. Non rivelazioni al pubblico del Tg1 (come ci si potrebbe aspettare da un giornalista, ansioso di divulgar notizie), ma in una telefonata privata verso palazzo Chigi, mentre ancora scendeva le scale della Procura. Che fretta... Sempre quella storia: quando proprio a Paolo Di Giannantonio, ora rimosso dal video, toccò leggere i titoli dell’edizione del 26 febbraio, quando David Mills venne appunto “assolto” dal Tg di Minzolini. Ma Di Giannantonio non ha firmato. Non è andato nella stanza di Francesco Giorgino (ora in attesa di prendere il posto della Ferrario), che raccoglieva “autografi”, come invece hanno fatto Filippo Gaudenzi (già promosso caporedattore centrale con delega alla cronaca e alla redazione Internet) e Mario Prignano (ex giornalista di “Libero” assunto pochi mesi fa come vice caporedattore del politico, e subito premiato a caporedattore responsabile di Internet). Prignano vanta un record: è stato lui a scrivere per primo “Mills assolto per prescrizione”, bisticcio incomprensibile di norme di legge.Al Tg1 sono passati molti direttori “con l'elmetto”: da Bruno Vespa dei tempi della “Dc editore di riferimento”, a Clemente J.Mimun. Tutti hanno voluto accanto a se' i più fidati. Nessuno ha mai scatenato la “caccia all'infedele” in redazione, come ora fa Minzolini. L'epigono, il meno accreditato, il più nervoso, che nasconde le notizie, le falsifica (sotto elezioni ha trasformato una - deprecabile - lettera di insulti al cardinale Bagnasco in una missiva con minacce di morte), spesso le tace, il direttore che ha trasformato il tg della sera in un rotocalco rosa. Si comincia a sentir dire che Minzolini esagera: anche la “normalizzazione” ha i suoi tempi. Si cominciano a sentir altri nomi per quella poltronissima, come Antonio Preziosi, giovane, misurato, che il premier aveva indicato per la direzione del giornale radio. Altra classe...P.S. In attesa di vedere Francesco Giorgino al tg delle 20,30, merita una segnalazione il fatto che il fratello, Nicola, avvocato di Minzolini (lo ha accompagnato al tribunale di Trani) ce l'ha fatta: è stato eletto sindaco di Andria.

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